Alle Nazioni Unite un nuovo appello

logo-ira-nobel-summitSettanta anni non sono bastati ai “Nuclear States” per convincersi che l’arsenale atomico in loro possesso è sempre e comunque una minaccia terribile per l’umanità. E neanche l’accelerazione degli ultimi anni nelle iniziative – di base, istituzionali o governative – per il disarmo completo ha ottenuto dagli Stati nucleari più di una tiepida politica di disarmo “a piccoli passi”.

Il 10 settembre 2015 un’altra testimonianza, davanti alla maggiore platea rappresentativa delle Nazioni, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nell’occasione di un panel organizzato in concomitanza col 60° anniversario della Giornata contro i test nucleari.
Un avvertimento ripetuto ancora una volta. La descrizione di quali sarebbero le conseguenze di un conflitto atomico di media portata, un centinaio di bombe da entrambi gli Stati belligeranti. Che potrebbe essere innescato anche da un falso allarme o da un guasto tecnico. Nonostante nessuno Stato nucleare avesse avuto la minima intenzione di darne il via.
Viene qui pubblicato il video con cui Ira Helfand, co-presidente di IPPNW, si è rivolto ai partecipanti. Mentre a questo link è disponibile il testo del suo discorso.
 

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NPT. Un quiz

NPT2015Potete elencare gli Stati nucleari “ufficiali” aderenti al NPT? Se avete detto Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia e Cina … vi sbagliate.
No, questa non era una domanda trabocchetto che avesse qualcosa a che fare con la Corea del Nord. Il fatto è che il Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari non contiene una sola parola che conferisca alcun tipo di status speciale ai suoi cinque membri dotati di armi nucleari.
Non compare mai la parola “ufficiale”. E nemmeno la parola “riconosciuto”. Né qualsiasi altra parola che alluda anche solo alla nozione che questi cinque Stati abbiano un diritto, temporaneo o meno, sulle armi nucleari che avevano quando hanno aderito al trattato (Francia e Cina non furono nemmeno Stati membri fino al 1992).
Gli Stati dotati di armi nucleari sono citati solo due volte, e mai per nome, lungo l’intero testo del TNP. L’Articolo IX ne dà una definizione generica: “Ai fini del presente trattato, lo Stato dotato di arma nucleare è uno che ha fabbricato e fatto esplodere un ordigno nucleare o altro dispositivo esplosivo nucleare prima del 1° gennaio 1967”.
Poi, naturalmente, c’è l’articolo VI, che dice: “Tutte le parti del trattato [non solo le parti dotati di armi nucleari, sia chiaro] si impegnano a perseguire negoziati in buona fede su misure efficaci relative alla cessazione della corsa agli armamenti nucleari in una data ravvicinata e al disarmo nucleare, e su un trattato per un generale e completo disarmo sotto stretto ed efficace controllo internazionale”.
Questo è tutto. Non vi è mai un’espressione all’interno del Trattato che dica o possa essere interpretata nel senso che le armi nucleari detenute da questi cinque Stati diano diritto a una sorta di “paternità” che le renda ammissibili, o addirittura tollerate per un periodo indefinito. Se vi accorgete che state utilizzando queste parole o altre che trasmettano la stessa falsa impressione, cercate di eliminarle dal vostro glossario personale dei termini nucleari.
Mentre sono sull’argomento, continuiamo a sentire da alcuni Stati, in occasione della Conferenza di revisione del TNP e altrove, che non supporteranno un Trattato sulla messa al bando, perché potremo eliminare le armi nucleari solo se essi si “impegnano” con gli Stati nucleari.
Non hanno notato che questo è esattamente quello che stiamo facendo? Certo, gli Stati dotati di armi nucleari non vogliono avere nulla a che fare con la negoziazione di una messa al bando – il che dimostra la sua efficacia. “Impegno”, per i 5 Stati nucleari e per quelli menzionati sopra (N.D.T. “donnole” nel testo originale), vuol dire lasciar definire loro i termini e i tempi del disarmo nucleare, e non smuovere le acque con richieste fuorvianti e “irrealistiche”.
Una volta che lo avessimo, tuttavia, il Trattato di messa al bando fisserebbe nuove regole per l’impegno. Esso informerebbe gli Stati dotati di armi nucleari che diventano fuorilegge e che dovrebbero “impegnarsi” con quel trattato per diventare rispettabili cittadini del mondo rispettosi della legge – che piaccia o no.
Secondo me, gli Stati dotati di armi nucleari, per loro disappunto, non sono mai stati così richiamati ad un impegno dalla fine della Guerra Fredda. Il Movimento sugli effetti umanitari dell’impatto nucleare, il Giuramento austriaco e la Campagna per un Trattato di messa al bando, sono stati gli agenti per tale impegno.
Questo è ufficiale.
 
Nota: Traduzione italiana dall’articolo di John Loretz “An NPT pop quiz”

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Dal Summit di Roma un appello al disarmo nucleare

img_20110Un discorso semplice e lineare, un appello coinvolgente risuonato dalla voce di Ira Helfand, co-presidente dell’Organizzazione mondiale dei medici per la prevenzione della guerra nucleare, nell’ampia sala che ha ospitato a Roma il Summit dei Premi Nobel per la Pace. Un resoconto dettagliato come già espresso in altre occasioni, cifre alla mano e una preoccupazione nel viso e nell’espressione di voce. E terminando con un appello rivolto a tutti, ai leader presenti in sala e a ciascuno di noi, per lavorare affinché il mondo venga presto liberato dall’incubo della distruzione totale.

Qui sotto è riportato il video del discorso integrale del dott. Helfand. Ascoltiamolo, magari aiutandoci con i sottotitoli presenti. Facciamo nostro l’appello finale. E segnamolo nell’elenco delle cose importanti da fare.

E il poco tempo che la vita sociale ci lascia libero avrà il colore e il sapore della speranza.

“Le armi nucleari non sono una forza della natura, non sono generate da Dio, sono qualcosa che gli esseri umani hanno prodotto, e noi le possiamo smantellare,sappiamo come fare. Ciò che manca è la volontà politica.
E per questo ci rivolgiamo a voi, perché questo compito, l’eliminazione delle armi nucleari, richiede il coinvolgimento di ciascuno di noi.
Vi sono qui tra noi dei grandi leaders, che impiegano tutto il loro tempo nel lavorare per la propria causa. Io sono solo un medico, trascorro 40 ore alla settimana per curare i miei pazienti, posso impiegarne poco per lavorare su questo problema. Ed è quanto tutti voi potete fare.
E spero che tutti voi lo vogliate fare, in modo che quando arriverete a tirare le somme della vostra vita, potrete onestamente essere in grado di guardare in voi stessi e dire, ho aiutato a salvare il mondo.
Non posso promettervi che con questo vi guadagnerete il Paradiso, ma posso promettervi che questa sarà la cosa migliore che potreste dire della vostra vita”.

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Nuclear Zero

Dalla sofferenza di chi ha subìto le conseguenze dei test nucleari nel Pacifico, alla petizione per una condanna legale verso i possessori dell’atomica.  Il prestigioso “Sean MacBride Peace Prize” al governo e alla popolazione delle Isole Marshall per il coraggio nell’avere avviato la petizione di condanna alla Corte Internazionale di Giustizia


5419dde8a1b0d11714f167a8_NUKESessantasette gli ordigni nucleari lanciati dai cieli del Pacifico sulle meravigliose isole Marshall, un equivalente – negli anni dal 1946 al 1958 – di 1,7 bombe di Hiroshima giornaliere sopra i propri abitanti. Con conseguenze tragiche di sofferenza e di morte ancora adesso presenti e non solo nei ricordi.

Dal piccolo arcipelago sorge con coraggio una sfida, una sorta di Davide contro Golia con le armi della giustizia: una petizione – già raggiunte più di cinque milioni di firme – che mira a portare alla Corte Internazionale di Giustizia i nove Stati ancora possessori di armi nucleari, responsabili di non avere rispettato i propri obblighi – in base al Trattato di non Proliferazione Nucleare e al diritto internazionale – di proseguire i negoziati per l’eliminazione delle armi atomiche sul pianeta.

Il prestigioso premio Sean MacBride (1), istituito dall’International Peace Bureau (2) e per alcuni visto come un’anticamera al Nobel Peace Prize, è stato conferito quest’anno proprio ai protagonisti dello sviluppo di questo coraggioso atto giuridico, in una cerimonia svoltasi a Vienna il 5 dicembre scorso, consegnando la medaglia onorifica a Tony de Brum, Ministro degli Affari Esteri delle Isole Marshall.

La pagina nel sito Nuclear Zero (3), che raccoglie ancora le adesioni, porta a conoscenza decenni di operazioni coperte dal segreto per collaudare gli ordigni negli anni della corsa sfrenata di predominio atomico sui sovietici, la cui controparte di sofferenza spettò e spetta tuttora alle regioni del Caucaso, tanto per fare un confronto. Numeri e notizie su eventi del passato ancora appena sussurrati tra le pagine dei libri di storia, e che andrebbero invece svelati al mondo nella loro interezza.


 

Note e link:

(1): Vedi anche: Alla Campagna dei “Mayors for Peace” il premio “MacBride” del 2006 (http://www.peacelink.it/pace/a/18434.html)
(2): IPB – International Peace Bureau (http://www.ipb.org), Premio Nobel per la Pace 1910, federazione mondiale delle maggiori Organizzazioni non governative per la pace e il disarmo.

Chi era Sean MacBride

Politico irlandese, rivoluzionario e statista.
Nasce a Parigi nel 1904, studia in Irlanda, negli anni ’30 entra nell’IRA ma se ne dissocia nel 1939 per contribuire per vie politiche all’indipendenza dell’isola.
Nel 1946 fonda il partito irlandese Clann na Poblachta. Nel governo irlandese copre, dal 1948 al 1951, la carica di ministro degli Esteri.
Nel 1974 è insignito del Premio Nobel per la Pace e nel 1976 gli viene conferito anche il Premio Lenin per la Pace, divenendo così l’unica persona a ricevere entrambi i riconoscimenti.
Membro fondatore e Segretario, tra il 1961 e il 1974, dell’associazione Amnesty International, è anche Segretario dell’International Peace Bureau tra il 1968 e il 1974 e Presidente della stessa organizzazione dal 1974 al 1985.
Sean MacBride muore nel 1988.

Il video completo della cerimonia

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F35 – Comunicato stampa

-La Sezione Italiana dell’Internazionale Medici per la Prevenzione della Guerra Nucleare, organizzazione Premio Nobel per la Pace 1985, desidera segnalare alla pubblica opinione la serietà e l’impegno istituzionali dimostrati dagli onorevoli Gianpiero Scanu e Paolo Bolognesi, membri della Commissione Difesa della Camera dei Deputati, nell’accogliere il nostro punto di vista, che noi riteniamo aver fortemente contribuito alla decisione della Commissione di richiedere al Parlamento di ridurre della metà l’impegno di spesa per il programma di acquisto dei nuovi cacciabombardieri F 35.
I complessi scenari di crisi, di confrontazione e di guerra in atto, se da una parte obbligano la Nazione a dotarsi di nuovi mezzi di difesa idonei alle nuove minacce, dall’altro richiedono anche ai Parlamenti Nazionali di avviare profonde riflessioni circa la quantità di risorse da impiegare per la difesa, per lo sviluppo, per la ricerca.
Mentre è in preparazione la Conferenza Diplomatica Internazionale di Vienna sull’Impatto Umanitario delle Armi Nucleari (Vienna, 8 e 9 dicembre p.v.), e il Supercorso dell’Organizzazione Mondiale della Sanità pubblica lo studio “Fame Nucleare ed Inverno Nucleare in una Guerra Nucleare Limitata” del nostro CoPresidente dr. Ira Helfand, la Scienza e la Società Civile richiedono ai decisori, nel mondo e quindi anche nel nostro Paese, di ripensare quantità e qualità di risorse da impiegare per la difesa dei popoli, stabilendo la priorità di atti parlamentari e governativi, oltre che di alleanze, che vadano nel senso dell’abolizione delle armi nucleari e non della loro implementazione, come richiesto anche recentemente da pubbliche Risoluzioni del Comitato Internazionale della Croce Rossa / Mezzaluna Rossa.
 
Sezione Italiana dell’Internazionale Medici per la Prevenzione della Guerra Nucleare
(www.ippnw-italy.org)

DON’T BANK ON THE BOMB

Don't Bank On The Bomb

Dall’organizzazione PAX (aderente a ICAN e già nota come IKV Pax Christi) viene divulgato oggi 7 novembre, in una conferenza stampa a Berlino, il Report 2014 “Don’t Bank on the Bomb“.


Delle armi nucleari, del loro potere distruttivo, sappiamo quasi tutto. Sappiamo però meno degli enormi interessi economici, industriali e finanziari che stanno dietro alla loro presenza nel territorio degli Stati che ne posseggono. Questo rapporto annuale – che già alla sua prima edizione di due anni fa ebbe notevole eco tra i media internazionali e che in quella successiva contribuì al ripensamento di diverse istituzioni finanziarie nelle proprie politiche di investimenti – viene riproposto anche quest’anno con i dati aggiornati.

Il report, noto per la sua completezza e la sua precisione, suddivide la questione in più capitoli, ciascuno dei quali esamina nel dettaglio nomi e attività di aziende e di istituti di credito coinvolti nella filiera delle attività produttive riguardanti i processi di manutenzione e aggiornamento degli arsenali nucleari. E separando gli istituti “virtuosi” dalla black list di quelle banche che investono in modo più o meno significativo in tali attività.

Qualche cifra: dal 2011 sono stati esaminati 411 istituti, tra banche, compagnie assicurative, fondi pensionistici in 30 Paesi, che investono in modo significativo sull’industria degli armamenti atomici: 254 nel Nord America, 94 in Europa, 47 in Asia, 10 nel Medio Oriente, 5 nella zona del Pacifico e uno nel continente africano.

Nel 2014 sono state elencate 28 aziende coinvolte nella produzione, mantenimento e modernizzazione degli arsenali atomici, localizzate in Francia, Germania, India, Olanda, Regno Unito e USA. E il movimento totale di capitali ammonta alla cifra di 402 miliardi di dollari, di cui 175 miliardi investiti dai 10 maggiori istituti finanziari.

La “Hall of Fame”, la lista degli istituti “virtuosi”, ne comprende per ora 8 che hanno già adottato politiche di scelta in investimenti “nuclear free” mentre altri 27 stanno arrivando alla stessa decisione ma le cui policy non escludono ancora in modo assoluto un coinvolgimento di operazioni finanziarie verso industrie impegnate nel nucleare.

Per tutti gli altri, traggo dal report una riflessione:

Un disinvestimento (dalle industrie coinvolte) invia un segnale chiaro: “Non con i miei soldi, non nel mio nome”. Un disinvestimento fa capire alle Compagnie che fino a quando vengono associate a programmi riguardanti armi nucleari, saranno considerate sé stesse come illegittime, oltre che un cattivo investimento.

Nel sito Don't Bank on the Bomb (www.dontbankonthebomb.com) è adesso reso pubblico e
scaricabile dal web l'intero report e le sue singole sezioni, oltre ad altri link che
permettono di conoscere chi investe, chi produce, come attivarsi per proporre alle
Compagnie finanziarie standard diversi - etici e morali - per i propri investimenti.

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