CESSATE IL FUOCO: Primo atto per prevenire la guerra nucleare

Il 15 maggio 1987 l’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, adottò una Risoluzione ed il Rapporto “Effetti della Guerra Nucleare sulla Salute e sui Servizi Sanitari” che statuì che di fronte ad una guerra nucleare anche limitata l’unica risposta sanitaria possibile è la prevenzione primaria: disarmo. Il Rapporto anticipò di due settimane l’accordo USA/URSS del 31 maggio successivo che rimosse i missili nucleari intermedi dall’Europa, scongiurando allora la guerra nucleare. Uno sviluppo tardivo di quella prescrizione avvenne il 23 dicembre 2016 all’ONU, con la convocazione della Conferenza per il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN).

Il rappresentante italiano, che votò dapprima a favore, dovette negare il voto favorevole subito dopo. Il Trattato, adottato il 20 settembre 2017 a Ginevra, ebbe invece come primo firmatario lo Stato Città del Vaticano.

L’edizione italiana del Rapporto OMS fu curata dalla Sezione Italiana dell’IPPNW, Internazionale Medici per la Prevenzione della Guerra Nucleare, organizzazione Premio Nobel per la Pace 1985, che promosse con la Croce Rossa Internazionale, a partire dal Working Meeting del Segretariato dei Summit dei Premi Nobel per la Pace di preparazione del Summit che si svolse nell’ottobre 2010 ad Hiroshima (Roma, Hotel San Pietro, 24 e 25 aprile 2010), l’azione globale verso la Conferenza per il TPAN, per il raggiungimento del quale il Premio Nobel per la Pace 2017 fu assegnato proprio ad ICAN, Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari, che l’IPPNW aveva fondato nel 2007.

A conclusione del suo ultimo 23° Congresso Mondiale, tenuto per la prima volta in Africa, a Mombasa, a fine aprile 2023, l’IPPNW ha lanciato l’Appello di Mombasa per il Cessate il Fuoco in Ucraina, come primissima urgente decisione da prendersi al fine di fermare la guerra e di prevenire la guerra nucleare. A questo fine ogni sforzo è prezioso, per cui la Sezione Italiana dell’Internazionale Medici saluta con profonda riconoscenza le missioni svolte a Kiev e Mosca dal Cardinale Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, in rappresentanza di Papa Francesco.

Nel 1978 l’OMS organizzò ad Alma Ata la Conferenza Mondiale “Salute per tutti nell’anno 2000”. Questo obiettivo, a causa di tante guerre, fu ampiamente fallito, per cui, al proprio Congresso Mondiale di Helsinki del 2006 l’IPPNW lanciò l’impegno “Pace attraverso la Salute”. Alla luce del fatto che la stessa guerra nucleare per errore umano o tecnico è tra gli addetti ai lavori una terribile realtà, le Nazioni Unite, di cui l’OMS è l’Agenzia per la Salute, hanno deciso di dedicare ogni anno il 26 settembre alla giornata mondiale contro le armi nucleari, in onore del colonnello Petrov, che il 26 settembre 1983, con una propria coraggiosa (e non scontata!) decisione personale scongiurò (allora) la guerra nucleare per errore.

Non a caso quando il 7 novembre 1985 i Presidenti di USA ed URSS Reagan e Gorbaciov si incontrarono per la prima volta alle Nazioni Unite a Ginevra ebbero come unico punto di discussione in agenda proprio la prevenzione di una guerra nucleare per errore. Tale concetto li portò rapidamente (allora) a firmare il Trattato sulle Armi Nucleari Intermedie (euromissili) e a scongiurare così la guerra nucleare, come avevano fatto i loro predecessori Kennedy e Krusciov nell’ottobre 1962 ponendo fine alla crisi nucleare di Cuba ed al ritiro dei missili nucleari sovietici da Cuba ed americani dall’Italia e dalla Turchia.

Anche per tutto questo la Pace dovrebbe entrare al più presto e con urgenza nel curriculum di studi del maggior numero di persone e studenti, ed in particolare nello studio e nel lavoro di tutti gli operatori sanitari.

Dott. Michele Di Paolantonio
medico specialista in Igiene e Medicina Preventiva
orientamento di Sanità Pubblica
Presidente dell’AIMPGN,
Associazione Italiana Medicina per la Prevenzione della Guerra Nucleare


L’articolo è stato pubblicato sul periodico “La Perdonanza” – Edizioni Celestiniane – nel numero 138 (aprile-giugno 2023), in occasione del 40° anniversario dalla sua creazione.

Foto: 1-Il Trattato per la proibizione delle armi nucleari (TPAN); 2-Momento del 23° Congresso mondiale di IPPNW

Da alcuni membri del “Council for Foreign and Defense Policy” una condanna delle minacce nell’uso dell’atomica

Un importante Statement redatto il mese scorso da alcuni membri del “Council for Foreign and Defense Policy” (vedi riquadro) denuncia l’irresponsabile retorica di minaccia nell’uso dell’arma nucleare tattica in caso di sviluppi negativi nel conflitto in corso, sottolineando le conseguenze di distruzione globale e sofferenze non solo per il proprio popolo ma ad altri Paesi del mondo.

“Recentemente sono state rilasciate dichiarazioni (alcune delle quali rilasciate da membri dello SVOP) che promuovono, seppur con molte riserve, l’idea di un attacco nucleare preventivo da parte della Russia in caso di uno sviluppo negativo dell’operazione militare in Ucraina e nei territori dei paesi limitrofi. Coloro che fanno queste affermazioni non solo speculano sull’uso di armi nucleari tattiche sul territorio dell’Ucraina, ma propongono anche di attaccare i membri fondatori della NATO.

Siamo tutti ben consapevoli dei dati di studi precedenti e più recenti che mostrano l’entità delle possibili conseguenze della guerra nucleare. È altamente irresponsabile fare affidamento sulla speranza che un conflitto nucleare limitato possa essere gestito e impedito di degenerare in una guerra nucleare globale. Ciò significa che sono in gioco decine o addirittura centinaia di milioni di vite umane in Russia, Europa, Cina, Stati Uniti e altre parti del mondo. È una minaccia diretta per l’intera umanità.”

E ancora:

“È inaccettabile che la retorica pseudo-teorica e le affermazioni emotive, sulla scia dei cosiddetti talk show, creino nella società tali sentimenti che potrebbero portare a decisioni disastrose.

Questi non sono più concetti teorici. Non è solo una minaccia diretta a tutta l’umanità, ma anche una proposta molto concreta per uccidere tutte le persone che amiamo e a cui teniamo.”

E’ anche un appello rivolto ai propri stessi membri:

“Noi, membri del Consiglio per la politica estera e di difesa, riteniamo tali dichiarazioni assolutamente inaccettabili e le condanniamo inequivocabilmente. Nessuno dovrebbe mai ricattare l’umanità con la minaccia di un attacco con armi nucleari, figuriamoci dare l’ordine di usarle in combattimento.

Invitiamo tutti i membri della SVOP ad approvare questa dichiarazione.”

 

Seguono le numerose firme dei sottoscrittori, elencati nel dettaglio nel documento originale allegato.

NOTA: Questa dichiarazione riflette le opinioni dei soli firmatari e non rappresenta la posizione ufficiale del Consiglio. 


Council for Foreign and Defense Policy
Il “Council for Foreign and Defense Policy” (SVOP) è un’associazione pubblica non governativa fondata il 25 febbraio 1992 a Mosca da un gruppo di politici, leader di associazioni imprenditoriali, uomini d’affari, personaggi pubblici e statali, rappresentanti dei ministeri del potere, del complesso militare-industriale, della scienza e informazioni sui mass media.
La missione dell’organizzazione è aiutare a sviluppare e attuare concetti strategici per lo sviluppo della Russia, la sua politica estera e di difesa, la formazione dello stato russo e della società civile nel paese.
Impegnandosi per gli interessi nazionali e i valori democratici, SWAP risolve i compiti fissati, guidato dai principi di responsabilità, imparzialità, libertà di opinione e indipendenza di valutazione, approccio equilibrato e obiettivo alle questioni di strategia nazionale.

Le forme di lavoro quotidiano di SVOP sono riunioni informali regolari dei membri del Consiglio; tenendo conferenze, seminari, organizzando progetti di ricerca, attività informative, educative e di lobbying.

SWAP svolge le sue attività in stretta collaborazione con una serie di organi parlamentari e governativi: l’Amministrazione del Presidente della Federazione Russa, il Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa, il Ministero della Difesa della Federazione Russa, i Comitati del Duma di Stato della Federazione Russa e Consiglio della Federazione per gli Affari Esteri e la Difesa; altri ministeri e dipartimenti di potere; con istituti accademici e centri analitici leader in Russia e all’estero.


Il sostegno finanziario alle attività del Consiglio è fornito attraverso quote di sponsorizzazione, sovvenzioni, donazioni da parte di individui e organizzazioni non governative.


(traduzione dalla pagina: Committee on International Affairs of the State Duma )

Da numerose riviste mediche un editoriale chiesto a IPPNW. Urgente ridurre il pericolo di una guerra nucleare

Più di 100 riviste mediche, tra cui The Lancet, British Medical Journal, New England Journal of Medicine e JAMA, hanno chiesto congiuntamente misure urgenti per ridurre il crescente pericolo di una guerra nucleare e muoversi rapidamente verso l’eliminazione delle armi nucleari. In un momento di estesi combattimenti in Ucraina e crescenti tensioni in Corea, i leader della comunità sanitaria globale sottolineano che qualsiasi uso di armi nucleari sarebbe catastrofico per l’umanità.

L’invito all’azione senza precedenti si presenta sotto forma di un editoriale scritto in collaborazione con gli editori di 11 importanti riviste sanitarie e mediche, la World Association of Medical Editors e i leader dell’International Physicians for the Prevention of Nuclear War (IPPNW). L’editoriale viene pubblicato questa settimana in concomitanza con l’inizio della riunione del Comitato preparatorio del Trattato di non proliferazione nucleare delle Nazioni Unite (TNP) e il 78° anniversario del bombardamento di Hiroshima.

“Il pericolo è grande e crescente”, avverte l’editoriale. “Gli Stati armati di armi nucleari devono eliminare i loro arsenali nucleari prima di eliminare noi”.

Citando la particolare responsabilità della comunità sanitaria, l’editoriale esorta “le associazioni professionali sanitarie a istruire i loro membri in tutto il mondo sulla minaccia alla sopravvivenza umana e ad unirsi all’IPPNW nel sostenere gli sforzi per ridurre i rischi a breve termine di una guerra nucleare”.

Invita gli Stati dotati di armi nucleari e i loro alleati a compiere tre passi immediati: “in primo luogo, adottare una politica di non primo utilizzo; secondo, togliere le proprie armi nucleari dall’allarme di attivazione; e, terzo, sollecitare tutti gli Stati coinvolti nei conflitti in corso a impegnarsi pubblicamente e inequivocabilmente a non utilizzare armi nucleari in questi conflitti.

L’editoriale li esorta inoltre a “lavorare per una fine permanente alla minaccia nucleare, sostenendo l’urgente apertura di negoziati tra gli Stati dotati di armi nucleari per un accordo verificabile e limitato nel tempo per eliminare le loro armi nucleari in conformità con gli impegni del TNP,  spianando la strada affinché tutte le nazioni aderiscano al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari”.

“Questo è uno sviluppo straordinario”, ha affermato Chris Zielinski della World Association of Medical Editors. “Le riviste mediche normalmente fanno di tutto per garantire che il materiale che pubblicano non appaia in nessun’altra rivista medica. Il fatto che tutte queste importanti riviste abbiano accettato di pubblicare lo stesso editoriale sottolinea l’estrema urgenza dell’attuale crisi nucleare e la necessità di un’azione tempestiva per affrontare questa minaccia esistenziale”.

“La comunità medica deve avvertire il pubblico in generale dell’enormità della minaccia che dobbiamo affrontare”, ha spiegato il dottor Arun Mitra, uno degli autori dell’editoriale. “È parte integrante della nostra responsabilità di operatori sanitari”.

“Dobbiamo sostenere gli sforzi delle organizzazioni della società civile come la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari e la campagna Back from the Brink negli Stati Uniti”, ha aggiunto il dott. Ira Helfand, un altro coautore.


Vedi: https://peaceandhealthblog.com/2023/08/02/medical-journals-issue-urgent-call-for-elimination-of-nuclear-weapons/

7 luglio 2023. A sei anni dal TPNW

Comunicato stampa da IRIAD Istituto Ricerche Internazionali Archivio Disarmo

Quando il 7 luglio 2017 veniva approvato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il trattato per la proibizione delle armi nucleari – TPNW, il trattato che bandisce immediatamente per i firmatari l’arma atomica, i paesi del club nucleare (Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia – autorizzati dal Trattato di Non Proliferazione TNP – e Israele, India, Pakistan e Corea del Nord – esterni al TNP) non parteciparono neppure alle votazioni, come anche i loro alleati, tra cui l’Italia.

L’invasione russa dell’Ucraina e le minacce di Putin di un possibile uso dell’arma nucleare hanno evidenziato la fondatezza delle preoccupazioni dei 122 paesi che allora vollero un nuovo trattato che non rinviasse a tempo indeterminato il disarmo nucleare.

Le 12.512 testate nucleari, per il 90% in possesso degli Stati Uniti e della Russia, stanno venendo modernizzate e se ne riscontra già un aumento anche quantitativo (+ 86 rispetto al gennaio 2022).

L’ex presidente russo Medvedev ha recentemente parlato di una probabile apocalisse nucleare, riprendendo le parole più volte pronunciate da Putin sin dall’inizio del conflitto. Il Concetto Strategico della NATO, approvato lo scorso giugno 2022, continua a far affidamento sulle armi nucleari.

La minaccia nucleare, tenuta relativamente sotto controllo nell’epoca della Guerra Fredda grazie ad una serie di tavoli di confronto e di accordi specifici, è da anni senza più spazi di negoziazione e di comunicazione. Il conflitto ucraino ha solo evidenziato una situazione di deterioramento delle intese internazionali in questo settore, con accordi non più rinnovati, denunciati o sospesi: basta pensare al Trattato sulle forze nucleari di gittata intermedia (1987), al Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa (1990), al Trattato sui cieli aperti (1992), arrivando ad oggi con il New Start sulle armi nucleari strategiche recentemente sospeso da Mosca.

La denuncia statunitense del Joint Comprehensive Plan of Action (JCPoA) nel 2018 ha fatto sì che l’’Iran abbia ripreso ad incrementare la sua capacità di arricchimento dell’uranio, per realizzare il materiale fissile per l’eventuale arma nucleare.

Tutti questi spazi di confronto e di reciproco controllo sono andati scomparendo, lasciando al proprio posto solo la possibilità di mostrare i muscoli, di esercitare politiche di potenza ancor più rischiose in campo nucleare, rinunciando ad ipotesi di sicurezza condivisa.

L’Archivio Disarmo, che da oltre 40 anni segue la questione nucleare, ritiene che sia importante riprendere il filo di colloqui interrotti da troppo tempo, perché il risultato, come si vede, non promette nulla di buono. L’Italia, che ospita sul suo territorio nazionale 35 bombe nucleari statunitensi del tipo B61 a Ghedi (BS) e a Aviano (PN), non ha firmato il TPNW, ma potrebbe comunque partecipare agli incontri di quei paesi che lo hanno firmato e ratificato, segnalando la propria disponibilità a cercare una comune soluzione rispetto alla minaccia nucleare che il TNP finora non ha evitato.

Maurizio Simoncelli

Vicepresidente


Un momento critico per l’impianto nucleare di Zaporizhzhya

Riportiamo il testo di un attualissimo articolo del prof. Alessandro Pascolini riguardante i rischi e le criticità che investono la centrale nucleare di Zaporizhzhya, anche alla luce del recente danneggiamento della diga della centrale idroelettrica di Kakhovka.


Centrale nucleare a Zaporizhzhya (Di Ralf1969 – Opera propria, CC BY-SA 3.0)

L’impianto nucleare ucraino di Zaporizhzhya (ZNPP) torna al centro dell’attenzione a seguito del danneggiamento della diga della centrale idroelettrica di Kakhovka (KHPP) sul fiume Dnipro (Dnepr, anche Nipro o Boristene in italiano) nell’area di Nova Kakhovka, circa 55 km a nord-est della città di Kherson e un centinaio di km a valle appunto della ZNPP, che utilizza proprio il bacino generato dalla diga per la refrigerazione dei reattori e come pozzo di calore.

In realtà la ZNPP era già da causa di preoccupata attenzione da parte dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA), il cui direttore Rafael Mariano Grossi ha ritenuto necessario presentare al Consiglio di sicurezza dell’ONU lo scorso 30 maggio un rapporto sullo stato della centrale e i suoi gravi rischi di sicurezza.

Ricordiamo (https://ilbolive.unipd.it/it/news/impianti-nucleari-civili-guerra-norme) che la centrale è il maggiore complesso elettronucleare d’Europa con 6 reattori di tipo VVER- 1000/320 di costruzione russa per una potenza totale di 5700 MW. Il 4 marzo 2022 forze russe hanno occupato il sito della ZNPP e dal successivo 12 marzo l’azienda statale russa per l’energia atomica Rosatom ne ha preso pieno controllo operativo, mantenendo il personale ucraino in condizione subordinata per la gestione ordinaria.

Il nuovo disastro

Il fiume Dnipro costituisce localmente il confine fra il territorio occupato dalla Russia in seguito alla sua invasione del febbraio 2022 e la zona liberata dalle forze ucraine; la centrale KHPP con la diga, lunga un paio di km, è sotto controllo russo dalla primavera dello scorso anno. Fonti russe e ucraine hanno iniziato a riferire di forti rumori, simili a esplosioni, provenienti dalla centrale KHPP verso le due (ora locale) del 6 giugno, seguiti da segnalazioni di impetuosi scrosci d’acqua dall’invaso.

Una falla di circa 200 m della diga sta causando una massiccia inondazione del delta del fiume e delle sue zone umide fino agli insediamenti sulla costa nell’oblast di Kherson, sia nella zona ucraina sulla riva destra del fiume, che sulla riva sinistra occupata dalle forze russe.

Ci sono contrastanti analisi dell’impatto sulle operazioni e i piani militari della situazione creatasi con la profonda alterazione del teatro geografico; quello che è certo è che decine di migliaia di persone sono costrette a evacuare un centinaio di centri abitati, in un ulteriore disastro umanitario e ambientale.

Ucraina e Russia si scambiano la responsabilità del disastro, che appare irrecuperabile. Funzionari ucraini hanno dichiarato che la Russia ha intenzionalmente distrutto la diga per impedire controffensive nella zona e hanno suggerito che le forze armate russe non si erano preparate per la conseguente inondazione. Secondo l’intelligence militare ucraina, le forze russe avevano minato la diga poco dopo la sua cattura, e piazzato ulteriori mine sulle chiuse e sui supporti della diga nell’aprile 2022.

I funzionari russi hanno accusato le forze ucraine di aver distrutto la centrale con un’azione di sabotaggio per bloccare il rifornimento di acqua dolce alla Crimea e di diffondere false accuse alla Russia per coprire il fallimento dei loro ultimi attacchi.

Ricordo che in base ai Protocolli addizionali I e II alle Convenzioni di Ginevra del 18 agosto 1949, approvati l’8 giugno 1977, attacchi alle dighe costituiscono una violazione del diritto umanitario; l’articolo 56 del Protocollo I afferma: Le opere o installazioni che racchiudono forze pericolose, cioè le dighe di protezione o di ritenuta e le centrali nucleari per la produzione di energia elettrica, non saranno oggetto di attacchi, anche se costituiscono obiettivi militari, se tali attacchi possono provocare la liberazione di dette forze e causare, di conseguenza, gravi perdite alla popolazione civile. Sia l’Ucraina che la Russia sono parte dei Protocolli e la Russia li ha anche incorporati nel suo manuale militare del 1990 e nelle “regole per l’applicazione della legislazione internazionale umanitaria” del 2001.

La diga di Krakhovka

La diga era già stata danneggiata in due precedenti incidenti: un possibile attacco ucraino a fine ottobre/inizio novembre e una probabile carica esplosiva russa che ha fatto saltare in aria parte della carreggiata sopra la diga l’11 novembre. Poi le cose sono peggiorate e la strada, che passa sopra la diga, è stata spazzata via tra il 2 e il 3 giugno, segnalando problemi strutturali dell’impianto.

Esperti avevano segnalato in precedenza che la diga era in stato di abbandono, e che le forze russe che occupano la struttura non provvedevano alla necessaria manutenzione. Non va esclusa quindi la possibilità di un cedimento strutturale non intenzionale, causato dall’incuria, tenendo anche conto che il livello dell’acqua del bacino di Kakhovka, dopo aver toccato a gennaio-febbraio un minimo eccezionale (14 m, nel sistema di riferimento al Baltico), a maggio ha raggiunto il massimo degli ultimi 30 anni (oltre 17,5 m), portandolo a una capacità di stoccaggio superiore a quella progettata.

Impatto sulla centrale nucleare

L’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha dichiarato che l’evento non dovrebbe comportare rischi immediati per la sicurezza della centrale nucleare di Zaporizhzhia. Alle 6 di mattina del giorno 7 il livello dell’acqua dell’invaso era calato di 2,8 metri rispetto a prima dell’incidente, raggiungendo la quota di 14,06 m.

“Se il livello scende sotto i 12,7 metri, la ZNPP non sarà più in grado di prelevare acqua dal bacino. Poiché l’entità dei danni alla diga è ancora sconosciuta, non è possibile prevedere se e quando ciò potrebbe accadere. Tuttavia, se l’attuale tasso di calo (5 cm per ora) dovesse continuare, il livello di 12,7 metri potrebbe essere raggiunto entro i prossimi due giorni. Per prepararsi a questa eventualità, la ZNPP sta continuamente rifornendo le proprie riserve idriche – tra cui il grande bacino di raffreddamento vicino all’impianto (sopraelevato rispetto al fiume) e i piccoli bacini di raffreddamento a pioggia con i canali adiacenti – utilizzando appieno l’acqua dell’invaso di Kakhovka finché ancora possibile.” L’impianto è inoltre dotato di speciali prese d’acqua fluttuanti che consentono alla struttura di prelevare acqua quando il serbatoio è a livelli bassi.

Quando saranno piene, queste riserve d’acqua saranno sufficienti a fornire all’impianto l’acqua necessaria per raffreddare i sei reattori e il combustibile esausto per diversi mesi. In ogni caso il personale della IAEA presso la centrale sta monitorando attentamente l’evolversi della situazione.

I sei reattori della ZNPP dal settembre 2022 non sono operativi, cinque sono in modalità di arresto freddo e un’unità rimane in arresto caldo (a temperatura e pressione elevate) per produrre vapore per operazioni necessarie sul sito, come il trattamento dei rifiuti radioattivi liquidi che vengono raccolti dai sei reattori.

Ricordiamo che anche durante lo stato di arresto i reattori hanno ancora bisogno di raffreddamento continuo per disperdere il calore prodotto dal materiale radioattivo, al fine di evitare la fusione del combustibile e un possibile rilascio di sostanze radioattive. Vanno inoltre continuamente raffreddate le piscine che contengono il materiale esausto e i generatori elettrici diesel di emergenza, qualora in funzione. Sul sito ci sono più di 3300 barre di combustibile esausto immagazzinate a freddo e quasi 2000 nelle piscine “a caldo”, per un totale di 2200 t di materiale radioattivo.

Gli “altri” problemi della centrale

Nel suo intervento al Consiglio di sicurezza il direttore Grossi ha presentato le condizioni necessarie per garantire la sicurezza e la protezione della centrale ZNPP a prevenire un disastro nucleare calamitoso per l’Ucraina, la Russia e altri paesi. Il rischio nucleare e radiologico deriva da tre principali problemi: l’insicura disponibilità di energia elettrica, la drastica diminuzione di personale e il coinvolgimento del sito in operazioni militari.

La centrale da mesi non produce energia, ma ne richiede per il corretto funzionamento e soprattutto per far funzionare le pompe di raffreddamento che impediscono la fusione del nocciolo nucleare dei reattori e disperdono il calore del combustibile esausto.

Delle quattro linee elettriche ad alta tensione (750 kV) che collegano la centrale nucleare alla rete due furono danneggiate nei primi giorni del controllo russo e da molti mesi l’impianto ha perso anche una terza linea; da marzo non è disponibile neppure la linea a 330 kV che collega la ZNPP alla vicina centrale elettrotermica ZTPP, sotto pieno controllo russo; pertanto la centrale può contare su una sola linea elettrica, con una critica riduzione della sicurezza in profondità della struttura.

L’impianto è dotato di 20 generatori diesel d’emergenza, in grado di fornire per qualche tempo la potenza necessaria nei casi di interruzione dell’alimentazione esterna, e di fatto hanno dovuto venir impiegati in sette occasioni dall’invasione russa a seguito di bombardamenti delle linee.

Il personale ucraino ha continuato a operare la centrale regolarmente anche sotto il controllo militare russo e la direzione della Rosatom, ma la situazione ha avuto un impatto negativo sul morale e la serenità del personale e il suo senso di sicurezza. Comunque il numero degli addetti è drasticamente diminuito e degli 11 mila inizialmente presenti sono rimasti circa 3500, sufficienti alla gestione attuale con i reattori in stato di arresto; tuttavia è venuto a mancare il personale più qualificato e vi è un deficit di competenze per gli interventi di mantenimento e riparazioni e di esperti per i controlli di sicurezza.

L’impianto nucleare di Zaporizhzhya si trova a Enerhodar, all’estremo limite della zona occupata dalla Russia e solo il Dnipro separa localmente le forze combattenti col suo letto di circa 5 km; la ZNPP potrebbe venirsi a trovare in prima linea nelle prossime operazioni militari, con i conseguenti gravissimi rischi.

Ci sono stati attacchi di artiglieria nei suoi pressi e una viva attività di guerriglia ucraina nella zona circostante. Nel corso del mese di maggio le autorità che controllano de-facto la regione sotto controllo russo hanno annunciato l’evacuazione di centinaia di civili da Enerhodar, indicando un’escalation dell’attività militare nella zona.

L’oblast di Zaporizhzhya è uno dei principali terreni di scontro dei due eserciti: le forze russe sono riuscite a occupare solo circa i 2/3 meridionali della regione, che è stata tuttavia formalmente incorporata nella Federazione russa il 30 settembre 2022, e quindi si trovano nella necessità di completarne l’acquisizione; di contro, uno degli obiettivi dell’annunciata contro-offensiva ucraina riguarda la liberazione dell’intero oblast fino al mar d’Azov, in modo da interrompere il collegamento via terra della Russia con la Crimea.

Data la gravità della situazione, il direttore della IAEA a seguito di intense consultazioni con i vertici dell’Ucraina e della Russia, ha “individuato cinque principi concreti per contribuire a garantire la sicurezza nucleare della centrale di ZNPP, al fine di prevenire un incidente nucleare e assicurare l’integrità dell’impianto:

  1. Non ci dovrebbero essere attacchi di alcun tipo da o contro l’impianto, in particolare contro i reattori, lo stoccaggio del combustibile esaurito, altre infrastrutture critiche o il personale;
  2. La centrale nucleare di ZNPP non dovrebbe essere utilizzata come deposito o base per armi pesanti (ad esempio lanciarazzi multipli, sistemi e munizioni di artiglieria e carri armati) o per personale militare impiegabile per un attacco dall’impianto;
  3. L’alimentazione dell’impianto con fornitura di potenza esterna non dovrebbe essere messa a rischio. A tal fine, occorre fare il possibile per garantire che l’energia elettrica rimanga sempre disponibile e sicura;
  4. Tutte le strutture, i sistemi e i componenti essenziali per il funzionamento sicuro della centrale nucleare di ZNPP devono essere protetti da attacchi o atti di sabotaggio;
  5. Nessuna azione deve essere intrapresa per compromettere la sicurezza dell’impianto.”

Queste condizioni appaiono più che ragionevoli e nell’interesse comune; una loro concordata implementazione da parte russa e ucraina può accendere un barlume di speranza per l’inizio di contatti dei responsabili dei due paesi su problemi vitali comuni, come appunto la sicurezza nucleare.

Alessandro Pascolini – Padova 8 giugno 2023