Dalla Rete Disarmo un utile elenco degli articoli apparsi sui media italiani
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A dieci anni dalla morte, una pagina commemorativa arriva dalla rivista “NAUTILUS – Viaggio al Centro della Salute” (Sinergie Edizioni Scientifiche). Un sunto biografico che sottolinea e ricorda la sua profonda umanità e la certezza che la professione medica è sempre missione e assoluta disponibilità a chi è sofferente e nel bisogno.
Ricordiamo che il prof. Malliani è stato anche cofondatore, assieme all’attuale Presidente dott. Di Paolantonio e al Presidente onorario Manlio Giacanelli, della sezione italiana di AIMPGN (l’Associazione Italiana Medicina per la Prevenzione della Guerra Nucleare) affiliata italiana di IPPNW. Assieme al dott. Di Paolantonio ha partecipato alla consegna ad Oslo del Premio Nobel per la Pace assegnato a IPPNW nel 1985 in rappresentanza di tutti i colleghi medici italiani.
Lo abbiamo ricordato nell’occasione della pubblicazione del bel libro “Medico sempre” (Nautilus n. 2, 2015), Alberto Malliani rimane a distanza di dieci anni dalla sua scomparsa nei cuori e nella mente di tanti, medici e cittadini comuni. La sua opera infatti è di quelle che lasciano un segno. Bene hanno fatto l’Università degli Studi di Milano, la VIDAS, benemerita associazione di volontari per l’assistenza ai sofferenti, e l’Associazione Alberto Malliani per l’etica e la ricerca in medicina, a ricordarlo in un importante e ben riuscito convegno nell’Aula Magna dell’Università di Milano il 17 novembre 2016 alla presenza del Rettore Gianluca Vago e del Presidente dell’Ordine dei Medici Roberto Carlo Rossi e guidati dal suo allievo Nicola Montano e dal vicedirettore del Corriere della Sera Giangiacomo Schiavi. Non si potranno qui ricordare i rilevanti, ed anche emozionanti interventi degli stessi e di relatori del livello di Nicola Dioguardi, Salvatore Natoli, Fulvio Scaparro e tanti altri, fino all’intervento di Alessandro Bergonzoni Mors tua mors mea vita tua vita mea.
Ancora una volta sarà invece opportuno tornare alle parole di Alberto Malliani: «Per salvare le foreste occorre salvare gli alberi, uno per uno», principio applicato regolarmente ai suoi malati, ai sofferenti, ai poveri che finiscono indifesi in ospedale e hanno tutto da perdere; «se un malato vi racconta la sua storia e non avrete voglia, a storia finita, di ricominciare da capo per chiedere meglio, per ascoltare ancora, se non dimenticherete l’esatto trascorrere del tempo, se non farete tardi… è segno che non stavate facendo il medico», raccomandava nelle sue lezioni agli studenti di medicina.
Il programma del convegno era sotto l’esergo di una sua affermazione: “… non c’è medicina senza filosofia”. Ma Malliani era contro la filosofia del futile, con gli uomini che sottovivono e accettano con rassegnazione la dismissione, la servitù: «Servirebbero piantagioni di coraggio e non parole inutili, che per i medici sono target, business, promotion». «A un medico si può e si deve chiedere di non essere mai sfiorato dal cinismo», diceva ai giovani specializzandi.
E sui malati più difficili, quelli che chiamiamo terminali, dava questa definizione provocatoria: «Il malato terminale è il malato che ha terminato di produrre. Se la medicina fosse solidarietà, da quel momento si scatenerebbe tutto ciò che si deve fare e si può fare». Per Malliani infatti un uomo terminale «è un qualunque vecchio povero, qualunque persona che non ha un nucleo familiare adeguato, qualunque disabile che non abbia un minimo di aiuto socioeconomico, un tossicodipendente in declino. Esiste in questa società opulenta un lugubre parcheggio dove chi si trova lì è soltanto in demolizione. Dovremmo occuparcene». Schiavi sottolinea: «non è offensiva la definizione di malato terminale? Toglierla dai nostri resoconti, come la parola malattia inguaribile, sarebbe auspicabile: io ho deciso di farlo. Per Malliani certe scorciatoie linguistiche rappresentavano un vuoto di pensiero e di azione». Ricordarlo è stato un balsamo, perché Malliani, medico, docente, ricercatore, accademico indignato e premio Nobel per la pace con i colleghi dell’IPPNW nel 1985, ha lasciato in chi l’ha conosciuto un messaggio di etica e umanità.
«Cambiate, ribellatevi, indignatevi, è il mondo che conta che rovina il resto», ma non senza aprire all’ottimismo della volontà: «Per fortuna c’è tutto il resto, di cui si può essere innamorati».
Fonte: NAUTILUS Viaggio al Centro della Salute Sinergie Edizioni Scientifiche Anno XI - 2017 N. 1, pag. 24. http://www.nautilussalute.com/it/ http://www.edizionisinergie.com/it/
Comunicato del Presidente di IPPNW-Italy:
Dal fallito golpe in Turchia alla nuova “Guerra Fredda” tra USA e Russia e passando per le dichiarazioni del nuovo Primo Ministro britannico. Un documento lanciato da IPPNW e da divulgare e segnalare alle agenzie di stampa in occasione dell'”Hiroshima Day”
On Hiroshima and Nagasaki anniversary, IPPNW calls on NATO states and Russia to end the policy of nuclear deterrence, engage with the Humanitarian Initiative, and prohibit and eliminate nuclear weapons.
Inizia così lo Statement preparato da IPPNW alla vigilia dell’Hiroshima Day, nel 71° anniversario del lancio della prima bomba atomica. Un documento che sottolinea come la minaccia nucleare, dopo il fallito golpe in Turchia, sia aumentata.
Delle migliaia di bombe disseminate nel pianeta, sono 50 gli ordigni situati nella base NATO di Incirlik come parte dell’arsenale statunitense stazionante in Turchia. E questo ha fatto crescere l’interrogativo preoccupato sulla sicurezza nello stoccaggio delle armi nucleari USA, sia nella base turca che in generale nelle basi NATO europee. E un quesito ancora più grande si pone, perché le armi nucleari possono essere percepite per fornire sicurezza a tutti, quando esse sono, di fatto, la più grande minaccia per l’umanità?
Le 50 bombe B-61 nella base aerea di Incirlik – situata a soli 110 km dalla frontiera turco-siriana – accrescono una situazione già pericolosa e tragica a causa dello stato di emergenza dichiarato dopo il tentativo di colpo di stato. Queste armi devono essere rimosse immediatamente dalla Turchia.
Le persone che vivono negli altri Paesi europei in cui sono stoccate 130 bombe B-61 si sentono meno sicure dal momento in cui la Russia e gli Stati della NATO stanno ritornando a una situazione di “guerra fredda” dall’inizio del conflitto in Ucraina. La più grande minaccia per la sicurezza dei cittadini europei – e per tutti noi – è che gli Stati Uniti / NATO e la Russia stanno conducendo manovre in cui vengono coinvolti i sistemi nucleari, minacciandosi l’un l’altro con il potenziale loro utilizzo. Ciò costituisce una grave minaccia per la pace nel mondo.
… e che dire del nuovo Primo Ministro britannico Theresa May? In una sua recente dichiarazione ha affermato senza esitazione che avrebbe ordinato un attacco nucleare qualora fosse necessario.
Dal concetto insicuro di “deterrenza” all’affermazione ancora più temibile che l’arma nucleare si può anche usare. Dalla stupidità di chi ragiona fuori dal mondo alla sparizione della vita sul nostro pianeta?