E’ un’analisi completa, scientifica e normativa l’importante lavoro che il prof. Alessandro Pascolini ha realizzato e che approfondisce e scavalca quanto nei media è stata solo cronaca veloce ed emotiva. Nel saggio vengono approfondite – in modo razionale e scientifico – criticità e conseguenze che le centrali di Chernobyl e Zaporizhzhya hanno subito come conseguenze degli attacchi dell’esercito russo sul territorio dell’Ucraina a partire dal 24 febbraio scorso; e inoltre mettendole a confronto con vari precedenti eventi concentrati principalmente durante passati conflitti medio-orientali, in un flash storico certamente significativo e interessante.
Di seguito alcuni estratti del lavoro. Il documento completo è disponibile a un link in fondo alla pagina.
La situazione attuale a Chernobyl
“ll sito è stato occupato dalle forze russe dal 24 febbraio fino al 31 marzo. Il sito si trova sulla direttiva di invasione settentrionale verso Kiev e fungeva da utile punto di accampamento per le truppe russe in preparazione all’attacco alla capitale ucraina, e poteva essere un rifugio sicuro dai contrattacchi a causa dell’enorme quantità di materiale radioattivo ancora presente nella Zona di esclusione di Chernobyl. La Russia ha motivato l’occupazione al Direttore generale della IAEA “per impedire atti deliberati di sabotaggio”.
Il personale ucraino ha continuato a gestire le operazioni quotidiane delle varie strutture, ma per quasi quattro settimane non ha potuto ruotare e tornare alle proprie case. Attualmente la turnazione del personale avviene regolarmente secondo i piani.
Le comunicazioni del sito con l’esterno, in particolare con lo SNRIU e la IAEA, durante l’occupazione sono state interrotte e informazioni sulla situazione si sono avute in modo occasionale e informale. L’Ucraina ha ora gradualmente ripristinato il normale controllo della sicurezza nucleare e radioattiva. Tuttavia, la situazione generale nella zona rimane difficile a causa dei ponti distrutti e delle attività di sminamento.”
La situazione a Zaporizhzhya
“Nel progresso dell’occupazione dei territori orientali dell’Ucraina, il 4 marzo forze russe hanno raggiunto il sito della centrale, e vi hanno imposto il controllo militare. Nelle operazioni militari, il centro di formazione della struttura — situato a poche centinaia di metri dalle unità del reattore — venne colpito da un proiettile generando un incendio localizzato; hanno subito danni anche gli edifici del laboratorio e di una struttura amministrativa, nonché il trasformatore del reattore 6, riparato alcuni giorni dopo. In quel momento l’Unità 1 era spenta per manutenzione, le Unità 2 e 3 erano in spegnimento controllato, l’Unità 4 funzionava al 60% di potenza e le Unità 5 e 6 erano tenute “in riserva” in modalità bassa potenza.
L’Ucraina ha assicurato la IAEA sull’integrità fisica dei sei reattori dell’impianto e dei sistemi di sicurezza; la centrale nucleare ha continuato a essere gestita dal suo personale regolare, i sistemi di monitoraggio delle radiazioni nel sito sono rimasti pienamente funzionanti e non c’è stato alcun rilascio di materiale radioattivo. Le piscine del combustibile esausto hanno funzionato normalmente e anche la struttura di stoccaggio a secco non ha subito alcun danno. Attualmente (26 maggio) le unità 1, 2 e 4 lavorano a piena potenza e le altre 3 sono sconnesse dalla rete.”
L’Ucraina ha una vasta esperienza nei vari aspetti della tecnologia nucleare civile; opera 4 impianti elettronucleari con 15 reattori localizzati in 2 centrali in Volinia e 2 nell’Ucraina meridionale. Altri due nuovi reattori sono in costruzione a Khmelnytskyy.
Quanto ai rischi di contaminazione nucleare – il ricordo dell’incidente di Chernobyl del 1986 contribuisce a provocare i timori – ecco quanto specifica:
“Va osservato che questi reattori sono estremamente più sicuri dei reattori RBMK attivi a suo tempo a Chernobyl; i loro edifici in cemento rafforzato sono in grado di sopportare anche proiettili e testate di alta potenza, che non siano specifici per penetrazioni anti-bunker; anche la rottura dell’edificio non può portare a danneggiare il nocciolo del reattore, racchiuso in un contenitore a pressione di acciaio inossidabile incorporato in cemento.
Il maggior pericolo può venire dall’auto-distruzione del reattore dovuta all’interruzione del raffreddamento (come è successo a Fukushima), a seguito della distruzione dell’impianto refrigerante o della mancata alimentazione delle pompe. Va ricordato che allo spegnimento i reattori conservano una potenza residua, che raggiunge tipicamente il 6% di quella d’esercizio (quasi 200 MW per impianti di 1 GWe), per ridursi nel giro di qualche giorno ai valori minimi della configurazione di “spegnimento freddo”, solo se la refrigerazione continua regolarmente.”
Un capitolo fondamentale del lavoro del prof. Pascolini si sofferma sulla normativa internazionale relativa ai conflitti armati, e riguardando in particolare la presenza di reattori nucleari civili. Ecco un estratto:
“I principi cardinali del diritto umanitario internazionale sono quelli di distinzione e di proporzionalità; in base al primo, chi lancia un attacco deve prendere tutte le possibili precauzioni per assicurarsi che gli obiettivi attaccati non siano né persone né oggetti civili, in modo da risparmiare il più possibile queste ultime due categorie. Una volta poi accertato il carattere militare del bersaglio, il principio di proporzionalità richiede che si dovrà considerare se le morti, i danni a civili o loro oggetti, che ci si aspetta come danno collaterale, risultino eccessivi, e quindi sproporzionati, rispetto al previsto vantaggio militare concreto e diretto.
Oltre alla protezione della popolazione e dei suoi beni, ci sono nel diritto umanitario internazionale specifici gruppi e oggetti che beneficiano di una protezione speciale a causa della loro importanza o del loro potenziale pericolo. Questo vale per i beni culturali, edifici di culto, strutture e personale medico, ma anche appunto per le centrali nucleari.
Iniziatore di quest’ultima protezione è stato il Comitato internazionale della croce rossa (ICRC), che nel 1956 introdusse nella bozza delle “regole per limitare i danni alla popolazione civile in tempo di guerra” un articolo per la protezione speciale di installazioni “contenenti forze pericolose”, inizialmente dighe e sbarramenti idraulici, esteso a includere impianti elettronucleari. Dopo lunghe discussioni, l’8 giugno 1977 la Conferenza diplomatica ad hoc giunse ad approvare per consenso unanime i protocolli addizionali I e II alle Convenzioni di Ginevra del 18 agosto 1949, che includono la protezione di impianti nucleari.”
Le norme del diritto internazionale in caso di conflitto hanno purtroppo un impatto marginale nella realtà degli eventi bellici, e la situazione in Ucraina non fa eccezione.
“Il 2 marzo 2022, in una riunione del Consiglio dei governatori della AIEA, il Direttore Generale ha delineato sette pilastri indispensabili per garantire la sicurezza nucleare nella presente situazione in Ucraina:
- L’integrità fisica degli impianti — che si tratti di reattori, bacini di combustibile o depositi di rifiuti radioattivi — deve essere mantenuta;
- Tutti i sistemi e le apparecchiature di sicurezza e protezione devono essere sempre perfettamente funzionanti;
- Il personale operativo deve essere in grado di adempiere ai propri doveri di sicurezza e protezione e avere la capacità di prendere decisioni libere da pressioni indebite;
- Deve esserci un’alimentazione elettrica sicura dalla rete esterna per tutti i siti nucleari;
- Devono esserci catene logistiche di approvvigionamento e trasporti ininterrotti da e per i siti;
- Devono esserci efficaci sistemi di monitoraggio delle radiazioni in loco e fuori sede e misure di preparazione e risposta alle emergenze;
- Devono esserci comunicazioni affidabili con l’autorità di regolamentazione e altri soggetti.”
“Venendo alla presente situazione in Ucraina, gli attacchi a Kharkiv e Zaporizhzhya, le interruzioni delle comunicazioni, delle connessioni elettriche e il trattamento del personale a Chernobyl e Zaporizhzhya violano vari dei 7 pilastri di sicurezza decisi dal Consiglio dei governatori della IAEA. Il caso più grave è chiaramente l’attacco armato alla centrale di Zaporizhzhya, che appare un’esplicita violazione del Protocollo I e della Norma 42, oltre alle stesse regole militari della Russia.”
E’ comunque in un certo senso “rassicurante” – nell’attuale specifica situazione degli impianti nucleari in Ucraina – la conclusione che descrive:
“Fortunatamente il coinvolgimento delle strutture nucleari non ha prodotto finora vittime o contaminazione radioattiva e quindi appare un danno marginale in una guerra sempre più cruenta, indiscriminata e distruttiva, che presenta gravi violazioni del diritto umanitario e la distruzione di importanti beni culturali, luoghi di culto, ospedali e scuole. Tuttavia le installazioni nucleari racchiudono “forze pericolose” di tale natura che richiedono un’attenzione particolare e continua, specie un una guerra che sembra non dare adito a speranze di una risoluzione entro breve tempo.”
Acronimi e Note:
- IAEA: Agenzia internazionale per l’energia atomica
- SNRIU: Ispettorato statale ucraino per la regolamentazione nucleare
- ICRC: Comitato internazionale della Croce Rossa
L’articolo è stato pubblicato anche nel sito della rivista online dell’Università di Padova.
- Impianti nucleari civili in guerra – Qua il testo completo: una sua lettura integrale aggiungerà ulteriori dettagli.
Alessandro Pascolini è uno studioso senior dell’Università di Padova, già docente di fisica teorica e di scienze per la pace, ed è vice-direttore del Master in comunicazione delle scienze. Si occupa di fisica nucleare, controllo degli armamenti e divulgazione scientifica. Dal 1988 al 2002 è stato responsabile delle attività di promozione della cultura scientifica dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, producendo una sessantina di mostre in Italia e all’estero e predisponendo testi e materiali audiovisivi, cinematografici e multimediali. La Società Europea di Fisica gli ha conferito il premio 2004 per la divulgazione scientifica. È vicepresidente dell’ISODARCO e partecipa alle Pugwash Conferences on Science and World Affairs.